Alì e Nino, di Kurban Said. Raccontare il Caucaso da Positano

Tra il Mar Nero e il Mar Caspio si estendono la Georgia, l’Armenia, l’Azerbaijan, a formare il Caucaso, un territorio di grande bellezza ma estremamente complesso. Strette tra i due mari, schiacciate dalla potenza di Russia e Turchia che cercano di appropriarsene, queste terre hanno un passato di sangue che risale ai lontani tempi della Russia zarista, dell’Impero Ottomano della mitica Persia.

Nella sua piccolissima estensione vivono molte popolazioni, di religioni diverse, spesso in guerra fra loro.

I conflitti religiosi che vedevano opporsi cristiani ortodossi e musulmani si fecero laceranti con lo scoppio della prima guerra mondiale, rivelando la fragilità di una convivenza che pure era sembrata possibile, e con effetti ancor oggi visibili.

E’ questo il contesto storico del romanzo “Ali e Nino”, di Kurban Said, alias Essad Bey, alias Leo Nussinbaum: (solo per spiegare i tanti nomi dell’autore sarebbe necessario un altro romanzo).

Seguendo il filo della storia d’amore tra i due giovani, lei cristiana lui musulmano, Kurban Said scende nelle profondità delle convinzioni e delle fedi religiose, là dove l’unico possibile punto d’incontro resta l’amore.

Scritto sotto forma di diario dal protagonista Alì, il romanzo è ambientato a Baku, capitale dell’Azerbaijan e punto di congiunzione tra l’Oriente e l’Occidente, nei primi anni del ‘900. Nella città vivono Georgiani, Armeni, Ossetani. Oltre le mura, i pozzi di petrolio in attività – nuova ricchezza del piccolo stato e dei suoi abitanti – già stanno cambiando il paesaggio e i rapporti di forza; Il petrolio, che resta sullo sfondo, ha cambiato la vita di alcuni; i nuovi milionari trasformano la sonnecchiante provincia in una città molto elegante e ricercata.

Ali e Nino appartengono a due ricchissime famiglie di Baku: lui è uno Shirvanshir, antica dinastia musulmana discendente direttamente dal Profeta, proveniente dalla Persia (il padre è fratello della Scià); lei è una principessa georgiana, di religione ortodossa. Le due anime del Caucaso: l’anima selvaggia, rivolta al passato, di Ali Khan prigioniero della propria storia, delle tradizioni e degli obblighi familiari, che pesano su di lui obbligandone le scelte; e l’anima occidentale, lieve e libera, di Nino.

La storia d’amore – una storia felice, tutto sommato, e anche un viaggio attraverso gli usi e i costumi di regioni a noi sconosciute come il Karabah, il Dagestan, la Persia prima dello Scià Reza Pahlevi  –  è il pretesto per portare fino alle sue estreme conseguenze la lacerante impossibilità di abbandonare il vecchio mondo per il nuovo. La storia di Ali, come quella del suo famoso antenato, è destinata a concludersi su un campo di battaglia, ed egli non può e non vuole sottrarsi a questa “bella morte” che lo attende inevitabile alla fine del racconto.  E’ la guerra a costituire il punto di rottura, a mettere il protagonista di fronte a scelte difficili. La guerra, che si pone come confine netto e definitivo tra il prima e il dopo, distrugge la lieve atmosfera della città e cambia tutto.

Ma la storia di Kurban Said, alias Essad Bey, alias Leo Nussinbaum è altrettanto romanzesca, e tragica, riflettendo tutti i grandi conflitti del 20° secolo. Comincia a Baku nel 1905, si conclude a Positano nel 1942: fra queste due date si tende una vita vissuta sul filo del rasoio, tra continui cambi di identità per sfuggire ai progrom e alle persecuzioni anti ebraiche che già avevano preso forma nella Russia zarista. Padre magnate del petrolio, madre rivoluzionaria vicina ai bolscevichi, proprio con l’arrivo dei bolscevichi la famiglia viene espulsa da Baku perdendo tutto. All’età di 17 anni Lev Nussimbaum è a Berlino, dove si converte all’Islam col nome di Essad Bey e diventando un esperto di cultura islamica. La scoperta della sua vera identità lo costringe a lasciare la Germania per l’America, per approdare infine a Positano, scelto come luogo di cura per un male che lo porterà alla morte. Positano come Baku adagiata sulle rive di un mare, con le sue piccole isole vicino alla costa. Positano, come altri luoghi della costa d’Amalfi, rifugio di molti perseguitati dal nazismo, quasi un porto sicuro nella luce del Mediterraneo contro l’oscurità delle leggi razziali (che però esistevano anche in Italia, tanto che Essad Bey fu considerato un confinato politico).

essad beyEssad Bey non abbandona mai il complesso mondo del Caucaso con le sue storie, le sue leggende, i suoi miti, anzi lo racconta nei suoi libri in tutti i suoi aspetti, economico, religioso, etnico. La consapevolezza del conflitto  fra le tre grandi religioni monoteiste, la fine di un mondo antico con l’avvento del bolscevismo sono i suoi temi preferiti: Sangue e petrolio in Oriente, I 12 misteri del Caucaso,  solo due fra i tanti titoli della sua bibliografia.

Le sue spoglie mortali riposano nel cimitero di Positano, sotto una lapide scolpita da Stefan Andres, un altro rifugiato politico proveniente dalla Germania che trovò riparo e sollievo sotto il cielo del Sud.

 

Alì e Nino, di Kurban Said. Raccontare il Caucaso da Positanoultima modifica: 2016-11-11T15:06:54+01:00da bibliosaura
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