Adania Shibli e le biblioteche rubate ai Palestinesi

A causa del mio lavoro la storia delle biblioteche mi ha sempre affascinato. Le biblioteche sono luoghi altamente simbolici. Sembrano eterne e immutabili, eppure possono essere distrutte dal fuoco o dalla volontà dell’uomo. Raccolgono il sapere divenendo memoria collettiva della comunità, dei saperi acquisiti nel corso del tempo, coscienza psichica in qualche modo, eppure sono sottoposte all’esercizio di un potere che può distruggerle, strapparle dal loro contesto, trasformando i libri che le compongono in cellule isolate, avulse l’una dall’altra, pietre di altre costruzioni, pronte a raccontare altre storie. I libri diventano così reperti del passato e solo chi ne conosce il codice segreto può raccontarne la storia.
Il destino dei libri, come quello degli umani, non è mai deciso una volta e per sempre. I libri possono cambiare destino e possono anche cambiare il destino. È compito nostro conservare la traccia delle loro vite anteriori.
Ho letto il racconto di Adania Shibli su Internazionale del 29 dicembre 2017 e ho pensato a queste cose. Adania racconta di un bibliofilo, poeta, professore palestinese dei primi del Novecento che aveva raccolto dei testi unici e rari nella sua biblioteca di famiglia a Gerusalemme. La nakba costrinse al -Sakanini a fuggire da Gerusalemme per rifugiarsi al Cairo. La sua biblioteca, insieme a molte altre (si parla di circa trentamila volumi per il solo 1948) fu confiscata e fatta confluire nella biblioteca nazionale ebraica di Gerusalemme. Da sempre dei bottini di guerra  fanno parte libri e opere d’arte. I libri confiscati finiscono nel mare magnum delle grandi biblioteche, perdendo il loro legame con le comunità o con gli individui che li hanno raccolti, perdendo la loro funzione originaria all’interno di quelle comunità,  mentre i lettori di lingua araba, cacciati dai loro luoghi e costretti all’esilio, perdono l’accesso alla lettura dei loro testi originali.

Passano i decenni, l’avvento delle nuove tecnologie porta a una trasformazione del rapporto libro-lettore, la biblioteca nazionale ebraica avvia un progetto di digitalizzazione di antichi volumi, ed ecco che, tutto a un tratto, i libri di al-Sakanini ritornano a disposizione dei lettori arabi attraverso la rete. Le trasformazioni del mondo rimettono in qualche modo le cose a posto, ma non potranno mai restituire ai Palestinesi cacciati dalle loro terre nel 1948 la loro vita di allora, ciò che avrebbero potuto essere e diventare, come il mondo stesso avrebbe potuto essere e diventare senza quella grande ingiustizia che segna la nascita del più potente stato del Medio Oriente.
Ci interroghiamo spesso, noi bibliosauri, abituati a pascolare in questi aspri terreni, sul senso della storia umana e della terribile violenza che la pervade. Le risposte non sempre ci sono di aiuto. Il senso della storia sembra essere quello di una cieca forza di sopraffazione che si incarna di volta in volta in un potere o in un alto. Ragioni di stato, necessità politiche sono la maschera dietro cui si cela il peccato originale dell’umanità, una volontà di dominio che usa tutti i mezzi per raggiungere i propri scopi.
Tutto il resto è recita, cerimoniale, finzione.
I libri restano, finché possono, testimonianza e baluardo. Finché non vengano distrutti.

Adania Shibli si chiede, alla fine del racconto, se la digitalizzazione dei volumi rubati ai palestinesi ed andati ad arricchire la biblioteca nazionale ebraica sia una forma di restituzione oppure una forma estrema del furto perpetrato 70 anni fa. Sicuramente, se pensiamo alla biblioteca di al-Sakanini, la risposta sarebbe sì. Quella biblioteca, quel mondo, sono stati per sempre strappati via, con violenza, dalla storia e nessuna restituzione potrà far tornare le cose come prima. Se invece parliamo dei libri in sé , come entità autonome, mezzi di conservazione e disseminazione di conoscenze, allora possiamo essere sicuri che questa disseminazione è in qualche modo una restituzione di ciò che era stato sottratto, e anche la testimonianza vivente dell’esistenza di un popolo, della persistenza di una cultura che Israele tenta inutilmente di negare.

Per sapere cos’ è  la nakba leggete questa brevissima descrizione:http://www.unive.it/nqcontent.cfm?a_id=77862

 

 

Adania Shibli e le biblioteche rubate ai Palestinesiultima modifica: 2018-01-10T22:54:28+01:00da bibliosaura
Reposta per primo quest’articolo