Breve racconto zen

gagnezDa cassetti mai svuotati affiorano ricordi. Vengono a galla in solitaria, uno alla volta. Una vecchia busta paga, in lire, di un anno e un mese lontani lontani, un altro secolo addirittura,  un rullino di celluloide mai sviluppato, una camicetta di seta azzurra a pois bianchi,  e ti ritorna in mente un lunghissimo viaggio in una macchina rossa, attraverso paesaggi di lavanda e di aironi.  E quattro gratta e vinci non grattati, regalo di Natale di qualcuno che voleva donarti la fortuna, e che tu non hai voluto nemmeno tentare. Una lunga poesia su un foglio di carta a modulo continuo, con strani caratteri al posto delle lettere. Una lettera a cui non hai mai fatto seguire la risposta. Pezzetti d carta strappati dagli angoli di giornali, con piccole comunicazioni quotidiane e messaggi d’amore. E ti viene quel nodo in gola tipico di quando ti rendi conto che li avevi messi lì per poco, quegli oggetti, e invece sono rimasti sepolti sotto una frana di ore, di giorni, mesi e anni fino a oggi, e non è più possibile incassare la vincita, rispondere alla lettera, vedere i volti celati nel rullino, rifare quel viaggio. E insieme al nodo, quella sensazione di ineluttabilità, di avere per sempre perduto quelle possibilità, di non poterle recuperare.

Quante volte l’hai provata?

Perché sei sempre stata così ottimista e fiduciosa nei confronti della vita, del suo potere rigenerante. Delle possibilità nuove che si nascondono dietro la sconfitta di un giorno. Ma il giorno in cui hai capito che non ci sarebbero state altre possibilità, altre prove, il giorno in cui hai capito che i giochi erano fatti e ciò che aspettavi non sarebbe più arrivato, allora hai provato quella terribile sensazione di fine partita, con risultato negativo, e il mondo ha cominciato a sgretolartisi addosso, un’onda anomala ti ha travolta togliendoti il respiro. Ma poiché sei una che non si arrende, hai trattenuto il fiato, come chi va sotto una, due, tre volte, i polmoni che scoppiano, gli occhi che sembrano schizzare dalle orbite. E mentre la mancanza di ossigeno minacciava la tua stessa esistenza, una frase è venuta a galla nel vortice, e ti ci sei afferrata. E’ il mio karma, diceva la frase, il mio karma, il mio karma… E tu ti sei aggrappata a questa frase, l’hai ripetuta mille volte nella tua testa come una filastrocca d’infanzia, o, qualcuno direbbe, come un mantra. E l’infinita ripetizione ti ha consolato, ti ha aiutata ad uscire dai flutti con la rivelazione che non tutto dipende dalla tua volontà, perché sei solo la infima parte di un meccanismo molto più vasto di te, al di là del tuo io. Così lo hai guardato finalmente in faccia, questo piccolo io frustrato e disperato, lo hai preso in braccio e cullato finché non ha smesso di piangere, gli hai narrato e rinarrato tutto ciò che era stato capace di portare a compimento nonostante le avverse circostanze.

Allora vi siete riappacificati e avete ricominciato a darvi da fare.

Breve racconto zenultima modifica: 2014-11-09T16:29:02+01:00da bibliosaura
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