La Grecia in giallo. L’assassinio di un immortale di Petros Markaris

 

Ho appena finito di leggere la raccolta di racconti  L’assassinio di un immortale di Petros Markaris. Presentati come “gialli” per la presenza di omicidi, di un commissario, di uno svelamento, in realtà sono lontanissimi dal genere cui dovrebbero appartenere. Petros Markaris sembra avere appreso e modificato a suo modo la lezione di Friedrich Dürrenmatt. In Un requiem per il romanzo giallo l’autore tedesco aveva decretato la fine del giallo e delle sue regole così come lo abbiamo conosciuto, come una concatenazione di eventi messi insieme e risolti attraverso il ragionamento. Dürrenmatt arriva alla conclusione che l’esistenza è governata dal caos, contro cui nulla può la ragione; e che la giustizia non arriva dappertutto. In Markaris la trama del giallo addirittura sparisce, non esiste più, diventa un pretesto per raccontare il presente e il passato della Grecia, per raccontare la contemporaneità, i migranti, la povertà, in una scrittura elementare, senza personaggi di rilievo. Gli assassini sono spesso tali quasi non volendo, trascinati all’omicidio da una specie di fato maligno e mediocre, i moventi assolutamente banali come banale è molto spesso il male (Arendt docet). L’autore si muove fra il presente e il passato, fra la Grecia e la Germania raccontando piccole storie amare di volta in volta risolte dai detectives, che si chiamino Murat o Charitos.

istanbul

Un racconto si fa notare in queste pagine per una struttura narrativa più complessa e profonda. Tre giorni è un noir più che un giallo, ma anche questa definizione è limitante. La parte noir del racconto – che non rivelerò per non rovinare la sorpresa a chi vorrà leggerlo –  costituisce il nucleo narrativo di un racconto sulla memoria, l’odio etnico-religioso e l’impossibilità dell’oblio. Il passato non passa mai, viene da pensare leggendo le vicende di Yannis, merciaio romeo di Costantinopoli diventato piccolo imprenditore per poi rovinare di nuovo ai gradini più bassi della scala sociale a causa di un conflitto mai sopito fra la parte turca e quella greca.

Il nome “romeo” indicava, in epoca imperiale, gli abitanti di lingua greca dell’impero romano d’Oriente. Poi il termine si è ristretto nel corso dei secoli fino a limitarsi ai Greci che vivono a Costantinopoli, di cui costituiscono una delle minoranze più numerose, insieme a Ebrei e Armeni. La convivenza con la popolazione turca dell’Impero ottomano prima, e della Repubblica turca poi, non è mai stata semplice. Le varie etnie sono separate da un confine invisibile: vivono nella Città apparentemente in pace ma basta poco perché l’inimicizia, il rancore che cova sotto la cenere dei giorni tranquilli riesploda, e la violenza riprenda il sopravvento…

La storia è ambientata durante i tre giorni del progrom di Istanbul, o Costantinopoli, o la Città, come la chiamano semplicemente i suoi abitanti. Settembre 1955.  In seguito alle manifestazioni per l’indipendenza di Cipro dalla Turchia, il partito democratico turco scatena un’ondata di violenze contro i Romei di Istanbul. Vengono distrutti centinaia di negozi e abitazioni, uccise molte persone, stuprate donne greche. I Romei pagano ancora ai Turchi, con gli interessi, un vecchio debito – di violenze perpetrate a loro volta – contratto ai tempi lontani delle guerre greco-turche degli anni ‘20, in una spirale di rancori che si avvitano su se stessi senza fine. E’ così tanto radicato l’odio da non potervi nulla neanche l’amicizia, il tempo, la morte. Sulla morte stessa si abbatte la vendetta, non ci sarà mai fine o riscatto possibile, non si potrà mai smettere di essere ciò che si è stati, e questa è l’amara, momentanea conclusione della vicenda, che ricorda, per certi aspetti, il bellissimo film Prima della pioggia del regista macedone Milcho Manchevski (1999).

Ma ricorda anche alcune testimonianze presenti in Storia di seconda mano del premio Nobel Svetlana Aleksejevna: allo sgretolarsi dell’Unione Sovietica il risveglio dei nazionalismi nei paesi dell’ex Unione dà luogo a violenze, massacri e ritorsioni inimmaginabili  fra popoli che avevano vissuto in pace per oltre sessanta anni.

Ritorna in questo racconto un periodo molto complesso e sanguinoso della storia europea del “secolo breve”,  e di un concetto molto in voga oggi, quello di memoria. E’ bene conoscere, è bene ricordare, Ma a cosa serve la memoria se non riesce a incidere sul presente, cambiandolo in meglio? Se, anzi, si trasforma essa stessa nella più alta forma di perpetuazione della violenza? Non sempre ricordare i torti ricevuti è un vantaggio, lo è sempre per chi gestisce il potere e manipola le coscienze.

Scrivendo, ricordo che pochi giorni fa Istanbul – Costantinopoli, la Città –  è stata l’ennesimo teatro di una strage. Moltissimi i morti e i feriti. Nuove alleanze, spesso invisibili, portano a nuove vittime, la storia continua ad avvitarsi su se stessa, la realtà è sempre più lontana dalla serena certezza di trovare una spiegazione e un colpevole, come invece accade ancora nel romanzo giallo.

M.T.S.

La Grecia in giallo. L’assassinio di un immortale di Petros Markarisultima modifica: 2016-07-05T14:58:28+02:00da bibliosaura
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