Memorie di una bibliotecaria. Ricordo di Umberto Carrano

antica libreriaTra le tante cose belle realizzate nei lunghi anni di lavoro in biblioteca all’Archivio di Stato, la più divertente è stata sicuramente il recupero dei materiali della ex libreria Carrano. Una vera e propria avventura tra i libri, che ancora continua…
Tanto per cominciare, la transazione avvenne in modo non propriamente ufficiale.
Conoscevo Umberto dai tempi universitari (quale studente non era passato per la sua libreria?) e mi erano note tutte le tappe della sua attività. Aveva chiuso la sua libreria nel 1986, aveva dato una mano alla nascita della Feltrinelli, a Salerno, e poi della Guida…
Era la primavera del 2000.
Ci eravamo incontrati per strada, e Umberto si lamentava di non saper cosa fare di tutti i libri che gli erano rimasti in deposito, parlava di mandarli a Pisa, mi pare, o a Siena…
– Perché? – gli chiesi – non puoi darli all’Archivio di Stato?
Umberto si illuminò. Uhm, ci devo pensare, disse.
Il giorno dopo venne in biblioteca e volle assicurarsi che avessi parlato sul serio.
– Io si, risposi, ma devo chiedere ai piani alti.
Quando spiegai alla direttrice di cosa si trattava, non ne fu propriamente entusiasta: svariati scatoloni di libri del cui contenuto non avevamo la più pallida idea dovevano sbarcare nel nostro deposito, occupare spazi già esigui… Ma le motivazioni che portai erano ineccepibili: recupero di un patrimonio bibliografico che sarebbe rimasto alla città, importanza e rarità dei materiali, etc etc. Così, grazie anche all’appoggio di un caro collega, Renato Dentoni Litta, oggi direttore dell’Archivio di Stato, la cosa andò in porto, e accettammo il dono di Umberto.
E venne il giorno in cui dovevamo fare il trasloco. Chiaramente non c’erano soldi per chiamare una ditta, così ci arrangiammo (come al solito).
Il primo viaggio lo facemmo con la mia macchina, una Uno verde sgangherata. Ma riuscivamo a metterci dentro ben poco, così per i successivi viaggi un altro collega venne a Salerno da Pontecagnano col suo tre ruote. Ci aiutavano nelle operazioni di carico e scarico un gruppo di lavoratori LSU, i lavoratori socialmente utili, persone di una certa età, che per non sporcarsi indossavano un camice azzurro a maniche lunghe. Il deposito dei libri era vicino a un piccolo bar. Il primo giorno, dopo un paio d’ore di fatica, entrammo nel bar per un caffè, io davanti e loro dietro, in fila per due coi loro camici azzurri. Il barista ci guardò meravigliato, poi esclamò: – Ma che è, la classe dei ripetenti? E voi siete la maestra?

Le scatole erano talmente tante che riempirono tutto il deposito detto della ex farmacia (attualmente cappella di San Ludovico).
Iniziò un lungo periodo di triage. Aprivamo uno scatolone, prendevamo i libri ad uno ad uno e li dividevamo per argomento, rimettendoli in altri scatoloni che, una volta pieni, venivano spediti al 6° piano della torre. A questa bisogna mi dedicavo insieme a Claudio Forziati, un simpatico giovane aspirante bibliotecario (poi lo è diventato), e allo stesso Umberto che ogni mattina veniva per due ore – dalle nove alle 11 – a lavorare da noi. Prendeva i libri dalle scatole, li batteva per farne cadere la polvere, e per ognuno aveva una storia da raccontare, relativa all’autore, o all’editore, o al momento in cui era arrivata in libreria, chi l’aveva ordinato e poi non l’aveva più ritirato… Insomma, un racconto di racconti che dilatava all’infinito il tempo della sistemazione. Umberto amava talmente tanto quei libri che era affezionato anche ai pesciolini d’argento (lepisma saccharina), gli unici ad aver frequentato quelle pagine negli ultimi 15 anni …
Non so come, la grande montagna di scatole si riduceva ogni giorno di più, e in tempo relativamente breve mettemmo da parte settemila volumi per la biblioteca, e altrettanti di doppioni che furono distribuiti, nel corso del tempo, ad altre biblioteche del territorio.
Quando tutti i libri furono portati al 6° piano della torre, Claudio Forziati – da quel momento soprannominato “l’abate Faria” – vi si installò con un tavolino e un pc portatile e realizzò, libro dopo libro, l’intero inventario del “Fondo Carrano”; neanche i vecchi cataloghi delle case editrici sfuggirono alla sua precisione. Intanto Umberto e io lavoravamo alla mostra “Un secolo di libri. La libreria Carrano a Salerno 1920-1986”, leggere-per-giocoin cui riuscimmo ad infilare tutti (o quasi) i libri che avevano segnato, in un modo o nell’altro, il ‘900. Poi ci fu un convegno, a cui parteciparono i tanti – una moltitudine – che erano passati, nel corso degli anni, per la sua libreria.
Fu un momento di grande emozione e commozione, per lui. Un culmine, in qualche modo: i suoi amati libri erano entrati nella storia.
Da quei giorni di polveroso lavoro ci lavammo nel mare di Salerno, con delle gite sulla sua barchetta a vela. Qualche uscita con Lucia Di Giovanni anche, a parlare di politica, di libri. O a stare in silenzio, mentre il vento ci spingeva verso il largo.
Umberto ha continuato a frequentare l’archivio, veniva a trovare i suoi libri che intanto cominciavano a spostarsi nello spazio virtuale (la biblioteca dell’Archivio di Stato di Salerno è in SBN da molti anni). Veniva a trovare me, parlavamo un po’ del più e del meno, poi lui tornava alla sua giornata e io restavo nella mia.
Nel 2003 con un’altra bellissima mostra, leggere-per-gioco “Leggere per gioco. I libri per ragazzi del Fondo “Libreria Carrano”, portammo alla luce un patrimonio sconosciuto di letteratura per “l’infanzia e la giovinezza” come si diceva un tempo, con magnifiche illustrazioni. Ma questo non era un soggetto privilegiato, per Umberto Carrano. La sua passione era tutta rivolta alla politica.
Poi ci fu un periodo di assenza che divenne sempre più lungo, fino a farsi definitivo. Un giorno di febbraio del 2004 Umberto se n’è andato per sempre.
Ma i suoi libri sono ancora qui, e ogni volta che ne tocco uno penso a lui.

Memorie di una bibliotecaria. Ricordo di Umberto Carranoultima modifica: 2018-04-17T12:19:08+02:00da bibliosaura
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