Anestesie

Quella volta ci sono finita, in ospedale. Non per mia colpa naturalmente, anche se, secondo certe teorie psicosomatiche, noi siamo i nostri peggiori nemici e tutto quello che ci accade è un autosabotaggio dell’inconscio. Allora può essere, perché il periodo era a segno negativo e desideravo tanto un po’ di riposo. Tutto era cominciato con una stupida influenza intorno a Natale ed è finito con mia cognata che mi porta in pronto soccorso la notte di Capodanno. Arriviamo in ospedale in un momento, le strade vuote il clacson schiacciato, io completamente inebetita dalla febbre, fortuna era abbastanza presto e il pronto soccorso ancora deserto, con qualche medico e infermiere sonnolenti davanti alla tv ad aspettare di stappare una bottiglia. Arrivo io, quasi senza conoscenza, a rovinargli la mezzanotte. Peritonite fulminante e bisogna trovare il team che mi deve operare. I medici di guardia la notte di capodanno cercano di approfittare di quel che gli passa il convento e di festeggiare come possono. Come faccio a saperlo se sono arrivata lì quasi priva di conoscenza? Ve lo racconto subito, questa è solo l’anteprima della cronaca di un capodanno da dimenticare.
Dunque mi mettono su una lettiga e mia cognata scompare alla vista ( lei non è il personaggio di questa storia, tornerà verso la fine) e mi portano codice rosso direttamente in sala operatoria. Passa un po’ di tempo prima che arrivi una coppia, maschio e femmina, arruffati, camice sbottonato, respiri affannosi. Proprio uguali ai salvatori di vite di Grey’s anatomy. Io li vedo come in una nebbiolina, ma non mi faccio domande su di loro. Non mi faccio affatto domande. A questo punto potrei raccontare dell’esperienza straniante dell’essere così vicini alla morte e così indifferenti a quel che succederà, ma non è metafisica la piega che voglio dare al racconto – anche perché, con la velocità di un lampo, ero distesa al freddo sul tavolo operatorio con un ago nel braccio e una mascherina di gomma sul naso, e una voce fuori campo che mi diceva di contare. Ho contato, contato. Ancora contavo quando sento una voce che grida:
– Taglia, taglia! E guarda che schifo c’è qua dentro! Stavamo meglio prima, eh Marisa…
– Stai zitto, per piacere, non siamo soli qui…
Io sto in fondo a un buco nero, ma intanto sento nettamente il bisturi che mi taglia la pelle… sento il bisturi ma non il dolore dell’incisione. Che strano, penso. Mi stanno tagliando e li sento, come è possibile? Non mi hanno fatto l’anestesia? Ma si, me l’hanno fatta. La mascherina, la conta… sto ancora contando, sono arrivata a millecentocinquantadue….
– Tanto lo sanno tutti cosa stavamo facendo poco fa nella stanzetta … non sei riuscita neanche a rimetterti le mutande, ahaha.
– Dai, smettila, non sei divertente. Non mi piace parlare di queste cose.
– Però ti piace farle, ahaha!
– Sei proprio un cretino, come ho fatto a non accorgermene mi chiedo…
– Questo taglio è troppo piccolo, nessuno crederà che si tratta di una peritonite, dice una voce che non ho ancora sentito.
– E allora allarga, dice la voce del primo medico, quello cretino.
Sono terrorizzata. Come è che sento tutto? Ecco il bisturi di nuovo nella pancia, le mani del medico vicino al mio ombelico. Vorrei gridare – fermi tutti! sono sveglia!- ma non riesco ad aprire la bocca. Forse mi hanno chiuso la faccia in una maschera tipo Hannibal del silenzio degli innocenti. Piangerei, se potessi, ma in qualche modo mi hanno anche prosciugato i dotti lacrimali.
– Controllo come va l’anestesia, dice la voce della donna.
Respiro di sollievo. Se ne accorgerà, che sono sveglia, mi dico. Sento le sue dita sulle mia palpebra destra, sento che la solleva per controllare la pupilla. Da scolara diligente cerco di aiutarla a capire, cerco di muovere gli occhi, compio l’immane sforzo di rotearli.
– Tutto bene, dice lei. È perfettamente addormentata.
E lascia ricadere la mia palpebra.
Oh no! Non se ne è accorta! E adesso? Che mi succederà?
– Guarda qui, il tessuto è tutto necrotico. Aspira, tu, non guardarmi con la faccia da scemo! Come faccio a pulire se è tutto un minestrone! Aspira!
Un momento di silenzio, sento soltanto qualcuno frugarmi nella pancia e il rumore dell’aspiratore che somiglia tanto a quello del dentista. Penso che se esco di qui non andrò mai più da un dentista.
– Dai, sbrighiamoci così torniamo a letto a stappare la bottiglia, ahaha!
– Dopo questo io torno a casa. Forse faccio in tempo a stappare con mio marito, ahaha
La voce della donna ha un tono di scherno.
– Ma sei non sei sposata!
– Figurati se non trovo un cretino quando esco da qui. Basta che non sia più cretino di te. Dai, ricuci, sono tre ore che questa poverina è addormentata, senti come è fredda.
– Aspetta, non sono sicuro di aver tolto tutta la materia danneggiata. Ma che è, te la sei presa? Che ho fatto?
– E me lo chiedi pure?
Per qualche minuto – ma non potrei giurare sul tempo effettivamente trascorso – le voci umane tacciono, e sento soltanto qualche ronzio e gorgoglìo, è le mani che si muovono veloci sulla mia pancia.
– Ecco, adesso si può richiudere. Ci pensi tu?
– Si, sento dire dalla terza voce.
Oddio, è finita! Finalmente! Sono in corsia, su di me la faccia preoccupata di mia cognata . La voce della dottoressa. Adesso posso vederla finalmente in faccia. Mi sembra carina, a prima vista.
– Mi senti? Ragazza, mi senti? Parlami, svegliati. È andato tutto bene.
Come in un film, sento la mia voce, impastata e flebile, sussurrare:
– Veramente vi sento parlare da tre ore..
– Cosa dici? Come ci senti parlare da tre ore? (Rivolta a mia cognata: – forse delira, è l’effetto dell’anestetico…)
– Non sto delirando ho sentito tutto quello che avete detto!
– Non è possibile, eri sotto anestesia…
– Ho cercato di dirlo che ero sveglia! Lei mi ha aperto anche l’occhio per controllare!
– Cos…. Ma che altro hai sentito?
– Beh, che lei non ha le mutandine, al momento…
La faccia della dottoressa si trasforma nell’urlo di Munch, quella di mia cognata in un punto interrogativo. Io mi giro verso il muro, per non vederle, e sento un dolore lancinante alla pancia. L’ago mi si muove pericolosamente nel braccio.
– Ahahah! Che succede? Prima non provavo dolore…
– Prima c’era l’anestesia …
– Ma se sentivo tutto ….
– Non ti ha preso bene, stanotte.
– Neanche a lei….
Mi lancia un ultimo sguardo, poi va via. La mattina dopo ritorna con l’altro, il cretino. Con la scusa del post operatorio mi fanno un sacco di domande su quello che avrei sentito. Dicono che non è possibile e me lo sono sognato, ma sanno che è tutto vero. Hanno paura, anche se non so di cosa. Mia cognata pensa che potrei denunciarli, sicuramente hanno sbagliato il dosaggio dell’anestesia e poteva andarmi molto male. I due sono talmente spaventati che cominciano a trattarmi come una principessa. Ho avuto una stanza tutta per me, visite a ogni ora del giorno e anche la sera, piccoli regali: libri, giornali, una radiolina. Tutti i giorni i due dottori, in coppia o separatamente, sono venuti a seguire il mio decorso, e quando finalmente sono stata dimessa, dopo dieci giorni, mi hanno accompagnato all’uscita con un mazzo di fiori.

Anestesieultima modifica: 2020-11-18T18:20:06+01:00da bibliosaura
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