Cattivo Natale (un racconto per Sara)

Era pomeriggio avanzato del 24 dicembre e Nunzia non era ancora neanche a mezza via nella preparazione del cenone. Fra un po’ sarebbero arrivati tutti e lei non aveva concluso niente, e le portate già pronte non le parevano particolarmente riuscite. Il baccalà in insalata era troppo salato, l’insalata di rinforzo troppo forte di aceto, il baccalà fritto troppo unto e gli anelli di calamaro impregnati di farina affondavano miseramente nell’olio bollente. E non aveva fatto in tempo a trovare le vongole, si era dovuta accontentare di miseri lupini. Meno male che nei giorni precedenti si era portata avanti preparando peperoni imbottiti, strufoli e castagnacci, ma nonostante ciò il veglione si annunciava un disastro. Fra poco sarebbero tornati, tutti e quattro, sicuramente incazzati coi loro clienti, coi fornitori, con le botte che facevano cilecca, col mondo intero ma soprattutto con lei. Erano sempre incazzati con lei, una buona a nulla che non riusciva neanche a preparare un ragù come si deve, che perdeva i calzini e bruciava le camicie col ferro da stiro.
Tolse gli ultimi anelli di calamaro dell’olio, li asciugò sulla carta assorbente e li sistemò sul piatto di portata insieme agli altri, decorandoli con spicchi di limone, piazzandoli nel forno tiepido per tenerli al caldo. Era stanchissima ma doveva finire di preparare. Andò allo specchio del bagno e controllò una volta ancora l’occhio destro. Il livido era quasi sparito, ma ci mise un po’ di correttore per nasconderlo meglio. Sentì la rabbia morderle lo stomaco e il pensiero che la ossessionava da giorni si fece di nuovo strada dentro di lei. Doveva liberarsi, doveva farlo. Perché con loro, qualunque livello avesse raggiunto, non avrebbe mai potuto evitare i guai. Non sapeva mai con quale umore sarebbero rientrati. Non sapeva cosa le sarebbe successo, ogni sera poteva avvenire il peggio. Non era più vita quella, solo un lungo incubo senza fine.
Infilò la mano nella tasca del grembiule e sfiorò il barattolino. Un brivido le attraversò la schiena. Terrore ed eccitazione. Doveva farlo. Voleva farlo. Il piano era pronto.
Sentiva un rimbombo nelle orecchie, un fragore come di cascate in uno spazio chiuso.
E se falliva? In tal caso si sarebbe ammazzata. Sempre meglio che continuare con questa vita di merda. Si sarebbe finalmente risparmiata botte, insulti, violenze notturne.
Si passò il pettine tra i capelli e la ferita sulla nuca le diede una fitta. Basta, era deciso. Sarebbe passata al condimento.
Ma che piatto preparare col contenuto del barattolino? Doveva essere sicura, per la sua libertà, che lo avrebbero mangiato tutti. In un primo momento pensò, con un moto di affetto residuo, una tenerezza senza ragione, di fargli godere la cena – la loro ultima cena – e quindi di usare il contenuto del barattolo per un piatto finale, uno sformato di verdure, forse. Ma se poi, troppo sazi, non lo avessero assaggiato? Se si fossero incazzati perché non è un piatto di Natale? No, no, meglio non correre rischi. Non c’erano santi, doveva essere fatto con la prima portata. Al massimo con la seconda. Qualcosa a cui non avrebbero resistito. Si fece il segno della croce e tornò in cucina a far aprire i lupini. Poi prese dal frigo le purea di patate e preparò dei bignè di patate e baccalà a cui aggiunse l’ingrediente segreto, mise l’acqua sul fuoco, apparecchiò la tavola e accese le candele profumate. Poi prese uno Zolpidem, che il suo medico le aveva prescritto mesi prima per curare l’insonnia, indossò il suo vestito più bello e si stese sul letto, passando in maniera distratta il dito sulla crosta di una bruciatura che le pizzicava l’avambraccio.

– Allora è pronto questo cenone? Nunziaaaa! Mannaggia a te! Che fine hai fatto?
– Ue ma’, dove sei? Ho portato dei capitoni, me li devi preparare subito, hai sentito? Se no povera te! Muoviti!
– Dove cazzo sei! L’acqua bolle e lei chissà dove sta a perdere tempo! Guarda qua, è tutta seccata, quasi si brucia la pentola…. se la acchiappo fra le mani!
– Mannaggia ‘a marianna, stasera so’ passati i sbirri e mi hanno sequestrato tutti i botti, non ho venduto quasi niente! E sto morendo di fame! Maaaaaa’!
La porta della camera da letto era socchiusa e uno di loro la spalancò con un calcio. Nunzia era stesa sul letto su un fianco, il volto bianchissimo su cui risaltava l’occhio livido, il vestito buono, le braccia strette intorno al corpo.
– Ma che fai cretina, ci vuoi fare paura? Alzati e butta la pasta che vogliamo mangiare!
– Forza, alzati!
Uno la tirò per un braccio, che ricadde inerte sul corpo. – Ma che le prende? Sembra morta!
Un altro le prese il polso.
– Non si sente niente! Che facciamo adesso?
– Ma che fa sta disgraziata, proprio la notte di Natale? Che facimmo? Chiamammo ‘o spitale?
– Ma che spitale, che tengo ‘na fame nera! Mangiamo prima, e poi chiamiamo, tanto n’ora prima, una poi non le cambia niente a lei! Ma tu vedi che ci doveva combinare, la notte di Natale! Mangiamo quello che c’è e poi vediamo. E stutate ste cannele! Portano male!
– E io che faccio co ‘o capitone?
– – Mettilo in vasca da bagno. Con l’acqua, mi raccomando!
Si sedettero a tavola e attaccarono i bignè e il baccalà all’insalata. – Uh, so’ buoni! Cucina bene, la bestia!
Poi passarono all’insalata di rinforzo, e infine al baccalà fritto e agli anellini.
– Nu poco e vino ci sta!
E la brocca colma di Gragnano passò di mano in mano.
– Che nuttata ci aspetta…
All’improvviso un dolore lancinante allo stomaco, la stanza cominciò a ruotare e caddero tutti e quattro con le facce nei piatti.

– Allora, signora, potete dirci cosa è accaduto, facendoci capire bene? Dall’inizio alla fine? E smettetela di piangere, sant’iddio! So’ tre ore che piangete!
Il commissario stava un po’ seccato perché aveva dovuto interrompere la nuttata di Natale sul più bello, proprio quando stava finalmente per andarsene a letto.
– Vorrei vedere voi con tutta la famiglia sterminata! Riuscì a dire Nunzia prima di essere sopraffatta da una nuova ondata di lacrime. – Figli miei, marito mio, che vi ho fatto, è tutta colpa mia!
– Già, che avete fatto, si può sapere?
– Commissa’, io come tutti gli altri anni ho fatto. Baccalà, insalata di rinforzo, spaghetti a vongole…. Solo i bignè ho aggiunto, li ho fatti coi funghi che a loro gli piacciono tanto….meno male che so’ riusciti a mangiarli, angeli miei, almeno il cenone lo hanno fatto come dicevano loro…
– I funghi? Che funghi?
– Li ho trovati nel parco dopo che ha piovuto, li ho raccolti per fargli la sorpresa… e che sorpresa vi ho fatto, cuori miei!!!
E ricominciò a strapparsi i capelli, a rischio di farsi uscire l’ago della flebo che teneva attaccata al braccio.
– Appunta’, per piacere, guardate se ci sono avanzi di bignè, ma mi raccomando guanti e bustina di plastica, sono corpi del reato, li dobbiamo fare analizzare. Ma li conoscete i funghi? Sapete che possono essere letali? voi li avete mangiati?
– Commissa’, io ero così stanca che ho preso una pillola e mi sono stesa un momento sul letto, e quando mi sono svegliata, che mi faceva male lo stomaco come se ci fosse un coltello, ho trovato loro così e ho subito chiamato il 118 e quelli del 118 hanno chiamato voi… ma pensate che so’ stati i funghi, commissa’? Io li raccolgo sempre, e loro non sono mai morti, prima… E adesso che succede? Andrò in prigione, commissa‘? Ma che me importa, in prigione voglio marcire per quello che ho fatto…
– Io sono commissario, mica giudice, che ne so? Omicidio colposo, se vi applicano il comma 1, e siete incensurata, con la condizionale in prigione non ci andate. Ma il fatto è che so’ quattro di loro, è quasi una strage, signora mia… Quasi una strage… uh che bei cazuncielli, li avete fatti voi, posso assaggiare?
– Favorite, commissa’, favorite!

Cattivo Natale (un racconto per Sara)ultima modifica: 2020-12-26T12:02:11+01:00da bibliosaura
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