Qualche riflessione random sul natale

madonna-in-legnoAi bambini piace molto il Natale, agli adulti meno.  Ma gli adulti sono stati bambini anche loro, e dunque c’è stato un momento della loro vita in cui il Natale ha cominciato a dispiacergli.  Questo è un fatto.  Perché ai bambini piace il Natale e agli adulti non piace più?  Come venire a capo di questo assurdo rompicapo che ricorda in qualche modo la storia dell’uovo e della gallina: è nato prima l’adulto che non ama il Natale o il bambino che lo adora fino a che non diventa adulto? Come mai a un certo punto della vita c’è un tale capovolgimento delle situazioni, un’idiosincrasia per le feste che si attenua, appena appena, quando in casa torna ad esserci un bambino per il quale mettere in scena la storia del Natale?

Cominciamo col chiarire un po’ di cose. La storia del natale attuale non ha nulla a che vedere con il natale cristiano, la nascita di un povero bambino figlio di persone indigenti, costrette a mettere al mondo il loro primogenito – che poi per inciso è anche figlio di Dio (ma non lo siamo, come si dice, un po’ tutti, credenti o meno, abitanti di questo poco ameno pianeta?) – in una stalla, o una grotta non si capisce bene (tranne che forse, a quei tempi, non c’era molta differenza).

La storia di questo povero bambino è molto molto triste, perché non solo nasce in una stalla ma muore su una croce, a soli 33 anni. Accusato ingiustamente, morto ingiustamente, ma morto. Visto da una prospettiva umana, la sua vita è un vero fallimento, il segno che non si può sfuggire al proprio destino. Vista dalla prospettiva creata dal cristianesimo, e dalla resurrezione, è il trionfo della vita sulla morte.

Dunque noi a natale dovremmo festeggiare questo mistero, celebrare il mistero di una vita che è in netto contrasto con le leggi dominanti del nostro mondo – ma in realtà non festeggiamo questo.

Il natale che festeggiamo è fatto di lucette intermittenti, di verdi abeti e di finestre illuminate su notti di neve, dietro le quali scintillano calici di cristallo e addobbi rosso fuoco… è una favola con un vecchio signore vestito di rosso che vola su una slitta a portare doni ai bambini. Una favola fatta di film lacrimosi e di pubblicità del panettone, di carrelli sovraccarichi e di cucine surriscaldate.

Ma è anche una favola che ha radici molto più profonde di questi 2016 anni trascorsi dal primo natale. Le sue origini sono antichissime, risalgono ai tempi in cui gli uomini non sapevano tante cose, e temevano la notte che diventava sempre più lunga e rischiava di ingoiare per sempre la luce del sole. Per contrastare questo timore, per richiamare la luce, si riunivano nel giorno più corto dell’anno e accendevano grandi falò per illuminare e riscaldare la notte. Così il buio cominciava a diminuire, lasciando il posto al giorno.

Noi uomini di oggi in realtà celebriamo ancora questo antichissimo mistero. La paura del vuoto, del nulla, del buio, dell’anno che fugge via nel pozzo del tempo… c’è bisogno di qualcosa che scaldi il cuore e fermi l’angoscia. E allora ecco, costruiamo un’altra favola. Ma, poiché siamo anche figli della ragione – almeno crediamo – diciamo di farlo per i bambini. Come nel Truman show, costruiamo una favola che piaccia ai bambini, i quali vivono ancora in un mondo di miti e di leggende. I bambini sono l’infanzia del mondo, sono quella parte di primordiale che non conosce ancora le leggi del cosmo – e aspettano il Natale perché gli adulti glie ne fabbricano la magia. Proprio come nel Truman Show. Un mondo perfetto in cui la gioia si genera da se stessa. Si tratta dell’annunciazione di un mistero che li avvolge completamente, che li pone in una condizione di attesa, di desiderio, per un periodo che sembra tanto lungo, anche se poi dura solo una notte, il giorno dopo già si respira odore di cenere fredda.  Il Natale è il desiderio che qualcosa avvenga (non a caso il periodo che lo precede si chiama avvento). Dunque, anche se gli adulti hanno capito che nulla avviene, in realtà perpetuano l’attesa e il mistero ad uso e consumo dei bambini. Ma la consapevolezza della “menzogna” di questa favola genera angoscia, e ogni volta che un bambino diventa adulto e scopre la verità comincerà a provare angoscia per il Natale, cercherà di sfuggirgli in ogni modo tranne poi ricaderci nel momento in cui non metterà al mondo un figlio. Allora, per riscaldargli il cuore e non sentirsi escluso dalla comunità dei suoi simili, gli riproporrà la favola del natale. Ma la verità più profonda è che questa favola gli manca, gli manca terribilmente perché in realtà la conoscenza non colma la paura del buio, e del vuoto, e della fine del tempo.

Offrendo questo mistero al suo bambino l’adulto riacquista per un certo numero di anni il diritto ad abitare il tempo senza tempo dell’infanzia, finché, come nella fiaba di Prezzemolina, la strega non verrà a reclamare la sua parte.

Ma a quel punto le leggi della natura avranno fatto il loro corso, e un altro bambino si affaccerà all’orizzonte a perpetuare il mistero del natale.

Purtroppo questa favola è obbligatoria, e pochi riescono a fuggirla senza sensi di colpa. Costringe a comportamenti collettivi da cui non si può uscire se non a prezzi molto alti: ostilità, giudizi negativi, diagnosi frettolose di gravi malattie nell’ambito del sistema delle relazioni umane.

Chi fugge dal Natale, chi cerca di smetterne gli abiti è destinato alle peggiori sanzioni della società. Come si può crescere fuori del Natale? Che bambini saremmo senza il natale?

 

 

 

 

Qualche riflessione random sul nataleultima modifica: 2016-12-28T20:28:43+01:00da bibliosaura
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