“Il Vangelo secondo Gesù Cristo” di José Saramago

madonna in legnoIl romanzo è un universo da cui non si vorrebbe uscire. La scrittura è densa come il corpo,  una scrittura che soffre per  la materia di cui tratta e nonostante tutto si spinge sempre più profondamente nella carne della lingua, scende tutti gli strati che stanno sotto la pelle per mostrarci una cosa e il suo rovescio, l’ombra e la luce, dio e il diavolo, la verità e la menzogna. Una scrittura che abbandona quasi completamente la punteggiatura per avvilupparci meglio nella sua tensione, per portarci al finale terribile ed emozionante dove si capovolge la storia come l’abbiamo conosciuta.

Perché le cose non sono sempre come vengono raccontate.  Perché a volte non è Dio a dover perdonare gli uomini, ma gli uomini Dio.

l Gesù Cristo di Saramago è un ragazzo soggetto a leggi più grandi di lui.  Vi si sottomette,  ma non le capisce.  Vi si assoggetta come tutti ci assoggettiamo alla vita, e la amiamo, perché è l’unica cosa che veramente ci appartenga. Questa prospettiva di  giorni, e mesi, e anni nei quali incontrare la gioia, il dolore, la conoscenza.  Per lui, un’umana eternità nel cui corso riuscire a comprendere il senso di questa legge che lo sovrasta  come un destino  tra oscure profezie, angeli che sono diavoli (e infine, non sono, angeli e diavoli, la stessa cosa, non hanno avuto origine dalla stessa matrice?),  miracoli che sembrano magie, annunci e crocifissioni.

Il Gesù Cristo di Saramago è un giovane uomo di cui già conosciamo il destino – e questo ci fa rabbia perché sappiamo che è condannato alla morte – non una morte come quella di tutti, casuale, naturale, per malattia, ma una morte voluta dal suo sedicente padre che è nei cieli (per questo ho aggiunto la fotografia in alto, scattata in un un piccolo museo diocesano a Visso qualche anno fa: il bambino in braccio alla madre si stringe forte al suo collo, terrorizzato dall’immagine di se stesso crocifisso, che vede più in basso). E’ un giovane uomo che si pone le stesse domande che ci siamo posti tutti da bambini ,quando vivevamo “dentro” la religione senza farci domande – sulla contraddizione tra Dio e il dolore, Dio e la giustizia, Dio e il destino dell’uomo.

Perché volere la morte di un figlio? Perché il dolore degli uomini, ma anche degli animali, delle piante? Immaginiamo Gesù Cristo, negli anni dell’erranza in cammino per i brulli campi della Palestina, sotto un cielo azzurro stinto, a porsi sempre le stesse domande senza trovare risposte.

Il Dio di Saramago – il dio che ci era stato dato in destino  – è un essere incomprensibile cui è dovuta un’obbedienza assoluta senza contraddittorio. Le sue vie sono oscure, e resteranno tali. E’ il potere che gioca con gli uomini come un gatto coi topolini (o coi piccoli pipistrelli, come ho visto fare un giorno alla mia gatta, che lo afferrava, lo trascinava, poi lo lasciava libero di affacciarsi alla libertà – il bordo del balcone – prima di riafferrarlo di nuovo e trascinarlo al punto di partenza, tremante e terrorizzato).

Gli uomini sono piccoli esseri spaventati, ciechi e incapaci di guardare con occhi umani al senso della propria vita, di comprendere il proprio destino, di vedersi per ciò che realmente si è: un frammento del tutto, sottoposto soltanto alle leggi della materia, e nient’altro che a quelle.  Ma gli uomini del tempo di Gesù Cristo non possono neanche arrivare a pensare a tanto. La legge, il divino, sono necessità  imprescindibili. Meglio un dio capriccioso che il nulla, meglio un cattivo padre che nessun padre.

Ma è davvero così? Non ci sarebbe meno dolore a non  credersi eletti,  e alla stesso tempo ingiustamente puniti, ma semplicemente  parte di un processo vitale di cui solo per caso leggiamo lo svolgersi?

«Però la notte, tranquilla e distante, estranea agli esseri e alle cose, con quella suprema indifferenza che immaginiamo all’universo,  o quell’altra, assoluta, l’indifferenza del vuoto che rimarrà, ammesso che il vuoto possa essere qualcosa, quando il fine ultimo di tutto si sarà compiuto,  la notte, dicevamo, ignorava il significato e l’ordine plausibile che sembrano governare questo mondo nei momenti in cui crediamo ancora che esso sia stato creato per accoglierci, noi e la nostra follia. »  L’uomo è solo, solo, da quando ha cominciato a pensare ed ha preso le distanze da tutto il resto delle cose. Da quando ha dovuto chiedersi perché e per come si trova lì, solo, nel buio, a soffrire.

Solo con l’amore finisce la solitudine: «Guarderò la tua ombra, se non vuoi che guardi te» e lui rispose «Voglio essere ovunque sia la mia ombra, se là saranno i tuoi occhi».

 

“Il Vangelo secondo Gesù Cristo” di José Saramagoultima modifica: 2014-05-03T13:22:50+02:00da bibliosaura
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