Quim/Quima. Una scrittrice catalana riscrive l’Orlando di Virginia Woolf

quimNella biblioteca in cui lavoro – sono una bibliosaura paleolitica – continuano a venire fuori vecchie cose dimenticate. Mi passano sottomano per catalogarle, e nove volte su dieci mi dico –  questo dovrei leggerlo, voglio leggerlo! – e otto volte su dieci lo faccio.

L’ultimo in ordine di tempo è uno strano libro di una scrittrice catalana a me sconosciuta (non è che io sia un’esperta di letteratura catalana né di letteratura spagnola, per la verità) , Maria Aurelia Capmany, pubblicato in Italia nel 1981 da una casa editrice che immagino estinta da tempo, La Rosa: sicuramente (farò ricerche più approfondite) sarà stata una casa editrice femminista, di quelle benemerite che hanno fatto scoprire la scrittura delle donne in un tempo in cui la letteratura era appannaggio molto maschile.

Il titolo del libro, Quim/Quima, mi ha incuriosito. Ma ciò che mi ha veramente fatto decidere alla lettura è stata una frase scritta in rosso sulla quarta della sovraccoperta: Un’autrice catalana riscrive l’Orlando di Virginia Woolf.

Ora, l’Orlando di Virginia è uno dei libri che mi ha più deliziato nella mia giovinezza. Ricordo una scrittura lieve, preziosa, e il racconto quasi fiabesco di un personaggio di nome Orlando che nasce uomo, attraversa tutta la storia d’Inghilterra fino al tempo della Woolf cambiando diverse volte identità di genere, dopo lunghi sonni. Il suo sogno è la scrittura, ma prima di poterlo dire compiuto deve attraversare secoli e peripezie, vivere molte vite e incontrare gente molto diversa. La scrittura è ciò che, alla fine, dà senso al tutto. Il tempo ritrovato. Ma non starò qui a parlare di un romanzo famosissimo su cui tanti hanno scritto. Voglio raccontare invece di Quim/a.

Si può copiare lo stile di Virginia?  La sua lussureggiante scrittura? Evidentemente l’amore per il modello è tanto e tale che la Capmany ha dovuto scrivere il suo Orlando, più come un omaggio che come copia dell’originale, per liberarsi delle catene con cui i romanzi della Woolf legano le aspiranti scrittrici. E’ capitato anche a me, tanto tempo fa, di ispirarmi a un suo personaggio e di immaginare un dialogo in cui cercavo di spiegarle il perché, e lei mi rispondeva con parole più o meno oscure, che io stessa avevo cercato nelle pagine del suo diario. E qui trovo una tenera lettera di scuse a Virginia come introduzione, e anche qui Virginia risponde con parole che sembrano oscure ma sono di una chiarezza solare. L’imitazione non esiste, dice Virginia. Qualunque sia il modello, prenderà forme diverse a seconda del corpo che lo indossa, come il profumo non è mai lo stesso ma su ogni pelle cambia la sua fragranza.

Ed ecco dunque Quim/Quima. Ecco dunque questo personaggio che si muove nella storia della Catalogna tra il Medioevo e la seconda guerra mondiale, tra Barcellona e Maiorca e il nuovo Mondo, sempre giovan* e bell*, con gli occhi neri e la chioma fluente, che avvera in sé il sogno di tutti: vivere molte vite pur restando giovane, e accumulando tutto il sapere di tutti i tempi in una sorta di accrescimento continuo di sé e della propria consapevolezza umana e storica.

Quim/Quima ci trasporta nei lunghi secoli di una regione europea quasi sconosciuta, la Catalogna, quando non è ancora una provincia del Regno di Castiglia ma una stato forte e prospero, sotto le cui torri e castelli scorre una storia di prima mano. La narrazione è una cronaca che prende a volte in prestito il linguaggio alle fiabe, e il passaggio fra un tempo storico e l’altro avviene quasi con “gli stivali delle sette leghe” di cui parla Braudel.

E’ Quim a indossare gli stivali delle sette leghe. Giovane senza origini cresciuto da monaci, forte e agile, Quim è un animo lieto e il mondo è ai suoi occhi un grande libro illustrato. Un desiderio appena accennato di scrivere, versi che si affacciano alla bocca ma subito sono portati via dal vento degli eventi.  Il suo primo amico è un bandito moro che lo aggredisce e a cui lui salva la vita. La loro amicizia finisce a causa di una fiaba, e di un amore.

Giovane e forte cavaliere al servizio di un re che egli crede giusto e leale, Quim decide di smettere i panni maschili e indossare quelli femminili perché non può sopportare il peso delle decisioni terribili e contraddittorie, grondanti sangue, che un uomo deve prendere per mantenere il potere.  Come Orlando, da un’epoca all’altra cerca di recuperare i possedimenti che aveva conquistato da cavaliere senza mai riuscirci veramente, ma vivendo di poco, del suo nome soprattutto: come donna si trova nella colonizzazione spagnola della California, segue La Perousse nella prima spedizione scientifica al di là dell’oceano, poi ritorna a Barcellona dove per un certo tempo sarà una spia dei giacobini, incontra Robespierre, è amata da molti senza amare nessuno. Si ritrova in una famiglia borghese da cui fugge a causa del busto che le viene imposto di indossare. “Ricordava il tempo in cui era stata felice di essere una donna, una donna che non è responsabile di tutti i mali che ci sono al mondo. […] ricordò gli spazi aperti, immensi, della vita e senza rancore, senza malignità, lasciò al lato del letto il bellissimo busto color rosa, pieno di stecche e punte come una farfalla gigante. Si coprì con un ampio mantello di lana e uscì in strada, disposta a ricominciare a lottare”.  Ridiventata uomo per sua volontà, accettando il rischio della responsabilità, lo ritroviamo soldato di Felipe V e della regina Isabel.  Ma lo scontro col potere non è esente da rischi, sfiora l’impiccagione, viene spedito in Messico e lì, in un combattimento, si innamora di Maria, una bellissima meticcia con cui torna a Barcellona. Ma la città non è più quella luminosa e splendente dei tempi passati, una fredda nebbia la avvolge e Maria invecchia e una notte scompare per sempre. La sua ricerca nelle strade buie ha, ancora una volta, la cadenza di una fiaba.

E poi sono alle pagine che non ho ancora letto, la scelta di Quim di combattere per la giustizia, di abbracciare una causa, di prendere posizione. In realtà è ciò che ha fatto nelle tante epoche in cui ha vissuto. Ancora non so come finirà il romanzo.   Sicuramente il finale sarà diverso da quello di Orlando. Un nuovo amore, storie da scrivere, guerre da combattere ancora e ancora, in un eterno ritorno che rivela allo stesso tempo la permanenza del tempo e la sua continua fuga in avanti.

E’ riuscita Maria Aurelia Capmany a liberarsi del suo modello? Io credo di sì. Quel che è rimasto è questo respiro lungo della Storia, la leggerezza del personaggio, il suo amore per la vita. Sicuramente il linguaggio è diverso, più rapido e incalzante laddove quello di Virginia germoglia di immagini e di pensieri, il suo sguardo più esterno di quello di Virginia.

“La terra su cui camminiamo è brace estinta”, dice Virginia Woolf. I due personaggi sono sempre un po’ avanti, e guardano questa terra con lo sguardo degli immortali

Quim/Quima. Una scrittrice catalana riscrive l’Orlando di Virginia Woolfultima modifica: 2015-09-24T20:53:24+02:00da bibliosaura
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